venerdì, luglio 11

L'ingegnere: Io lavoro per il diavolo


La tecnica ci permette di salvare un uomo sepolto da una valanga in una sperduta catena montuosa del Nepal, ma è anche in grado di annichilire lo spirito dell'uomo.

Due sono i mali della nostra epoca: la sovrappopolazione, la comodità.
La sovrappopolazione è terribile, le città sono terribili, gli stati sono terribili. La quantità di uomini al mondo è soffocante, e uccide la singolarità, uccide l'individuo e le sue capacità - se ne ha. La collettività, l'alveare (la città) è la negazione dell'individuo e del suo benessere. E questa in fondo era già una delle lezioni di Orwell in "nineteen-ninetyfour", 1984.
Ma il problema che voglio affrontare oggi è la comodità: la comodità avvizzisce l'organismo e la mente. Spegne le lotte, uccide gli ideali. La tecnologia è all'origine della comodità. La sovrapproduzione di beni è il veicolo della comodità.

Oggi sono incazzato, con quelli che io chiamo amici. I miei amici sono italiani come me, e come tali (non importa il livello sociale o il reddito) posseggono un cellulare ed un computer almeno.
Io ricordo gli amici che avevo una volta: a quel tempo non avevamo neanche tutti il cellulare, eppure ci si vedeva spesso, si trovava sempre il modo di trovarsi (o quasi), ci organizzavamo e facevamo un sacco di cose.
Oggi c'è una piazza enorme e smisurata dove vedersi tutti i giorni: si chiama messaggistica istantanea. Tutti i messenger permettono agli utenti di ritrovarsi lì in quella piazza. Muti. Stanno tutti lì i miei amici. Accendono il computer ed accedono, poi si mettono tutti non disponibili e stanno lì tutta la giornata. Muti. Non chattano neppure, stanno lì per sentirsi meno soli ed è abbastanza per loro che non sentono più il bisogno di uscire davvero con gli amici perché è come se li avessero visti. Ecco come socializzano.
E mentre stanno lì appoggiati ad un muretto virtuale, immobili e silenziosi come in attesa di qualcosa, perdono il loro tempo su internet, al punto di non avere più voglia di uscire davvero.
Sabato sera: si esce alle 23.45 - la stessa ora a cui i nostri nonni volevano che i nostri genitori tornassero. Ma noi  non dobbiamo sbrigarci a uscire perché nessuno vuole che si torni presto. I genitori di certa gente delle nuove generazioni preferirebbero che non tornassero più...
Perché appena cenato dare precedenza a internet a viziucoli e interessi di poco conto, quando si può passare del tempo con gli amici? Forse l'amicizia non è più così importante oggi?

Non parliamo dei cellulari. Li odio, io ho speso 19€ per il mio cellulare, chi spende di più è un pirla. Quindi a occhio e croce ho dato del pirla a tutti gli italiani o quasi. Io odio chi usa il cellulare perché in realtà lo tiene solo in tasca e non lo usa mai quando servirebbe. Gli sms strappano la poesia dagli innamorati. Se ancora c'è un po' di poesia nella nostra generazione.

Skype, le email, possono tenerci in contatto con persone oltreoceano. Io l'amavo la mia ragazza dagli occhi azzurri, lei mi amava, ma 1000km e passa sono stati troppi per lei e non ce l'ha fatta più: davanti al computer, sullo schermo me, di fronte una webcam piangeva ed era sola, nonostante io potessi sentire i suoi singhiozzi. Ci eravamo conosciuti in un café, e in una casetta in periferia ci siamo amati per mesi, laddove la tecnologia non c'era.

Io odio la tecnologia, eppure lavorerò per farla progredire, sapendo bene che non potrà mai migliorare le cose, sapendo che sto lavorando per il diavolo, per ingrandire l'alveare, per peggiorare il mondo. Per acuire il mio isolamento.

Penso ai racconti dei miei genitori, di quello che facevano con gli amici alla mia età. La mia generazione è una merda. Gaber credeva che la sua generazione avesse perso, ma almeno aveva combattuto. La nostra è sconfitta e impiccata già.

Se volete davvero fare del bene: coltivate un campo a biologico oppure fate un lavoro onesto come l'elettricista. Dico sul serio.

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